venerdì 1 maggio 2015

Semplicemente... è primavera

Di recente guardavo mio figlio in uno di quei temutissimi momenti per i genitori, quelli in cui c'è del tempo da riempire (per loro) e mille cose da fare (per te).
Dopo aver scartato la TV, i videogiochi, la plastilina (!) e i Lego, l'occhio (il suo) gli è caduto sulla pila di quadernoni nuovi. Già armato di portacolori, ha sfoderato il tipico sguardo da cerbiatto - quello che a cinque anni è sinonimo di breccia assicurata anche nel set di regole più ferree – e ha proteso la manina per farsi consegnare l'oggetto del suo interesse.
Nel microcosmo del pragmatismo, è chiaro che un euro è un prezzo più che ragionevole per l'acquisto di una preziosissima mezz'ora da impiegare in faccende di elevato spessore intellettuale, di quelle che si svolgono di solito davanti ad un asse da stiro trasfigurato da una piccola montagna di bucato stantio.
Ebbene, durante lo schieramento in campo delle tre fazioni – i “da stirare assolutamente”, i “da una botta veloce” e i vincenti “da piegare e amen” - osservavo lo sgorbietto apprestarsi alla sua attività ludica.
C'è qualcosa di incantevole in un bambino che apre un quadernone illibato e ha a disposizione un set di colori con il quale strappare la pagina bianca al nulla. Credo che sia stato quel sorriso appena accennato sulle sue labbra, l'occhio che vagava tra i pastelli alla ricerca della tonalità sintonica con il suo umore, la trepidazione con cui ha accarezzato la pagina vuota un attimo prima di pugnalarla con un rosso fuoco sbeccato, credo che sì, siano stati questi i segnali di quanto mi mancasse realmente scrivere.
Perché è evidente che una maniaca del perfezionismo non potrebbe mai accontentarsi di un post miserevole e privo di senso come questo qui, evidente almeno quanto lo è per un bambino cogliere esattamente il giusto spirito con cui accostarsi alle cose.
Semplicità, divertimento, piacere.
Forse è qualcosa che ha a che fare con la presunzione o con il confortevole impigrimento di un cervello sempre troppo iperattivo, qualunque sia la causa gli effetti non cambiano e dunque sono mesi che non leggete nulla su questo blog.
Vi esonero dall'ingrato compito di sorbirvi i drammi esistenziali della mia vita, di sicuro irrilevanti rispetto ai drammi veri della vita, vi risparmio il girone infernale delle recenti letture di ottavo ordine con cui ho violentato i miei già provati neuroni e: tra Amazon che mi fa notare molto gentilmente che un “soffioi” dovrebbe essere un “soffio”, che “tu mi ha conferito” suona meglio come “tu mi hai conferito”, per non parlare dell'orrore grammaticale di “un immensa distesa” che davvero non si può leggere priva di apostrofo; tra i libri meravigliosi che stazionano sul kindle e che, accuratamente, evito per timore di non dar loro l'attenzione che meritano; tra il tiepido ricordo di un pranzo a base di patatine e sprizt dopo 5 ore di treno e una vita di riflessioni... bene, tra tutta questa ovattata letargia mi permetto un paio di considerazioni del tutto slegate fra loro (o forse no).
Amazon, ho due pagine di word di refusi da correggere nel mio libro di cui mi scuso profondamente con i miei lettori (e ringrazio ancora una volta Silvia Pillin a cui stringo la mano per tante ragioni) e un cartaceo da preparare (a breve, prometto!), per cui davvero mi perdonerà se ho lasciato la sua segnalazione nel marasma degli spam.
Leggete “Le due facce dell'amore” di Nick Spalding. Ci sono momenti della vita in cui una risata fa bene alla salute e momenti in cui un libro è proprio quello che ci vuole per curare l'animo. Prima di trovare la storia adatta a questo frangente della mia vita, ho girovagato a lungo e poi mi sono lasciata conquistare dalla leggerezza ironica di questo autore e dalla piccola meraviglia che è il suo libro. Non prendiamoci troppo sul serio, riscopriamo il semplice piacere di una buona lettura. Ho riso tanto e mi permetto di consigliare di fare lo stesso a chi, per un motivo o per un altro, ha troppi pensieri che lo distraggono. LEGGETE QUESTO LIBRO.
Ho lasciato un pezzetto di cuore in Emilia. Non stava un granché bene, ma l'ho affidato a mani amorevoli, le stesse mani che mi hanno strappato di dosso un paio di strati di dura scorza e poi mi hanno fornito il balsamo con cui ricostruire nuova pelle. Non lo so quanto ci vorrà, ma so che lei c'è e sono ansiosa di farmi strigliare come si deve, nella nostra migliore tradizione sado-maso.
Ho aperto una pagina word.
Ho valutato nel corredo di parole confuse della mia testa quelle che erano pronte a venir fuori, strizzando un occhio benevolo a quelle che per ora non se la sentono ancora.
Ho accarezzato la pagina vuota e poi l'ho pugnalata con questo post.
“Le porte chiuse si devono forzare affinché l'aria pura possa circolare liberamente”.
Non l'ho scritto io, ma Salomone.
Siamo in piena primavera, magari è anche ora di iniziare a svernare senza temere un colpo di freddo dalle porte appena socchiuse...
Buon fine settimana lungo!