mercoledì 10 ottobre 2012

Cover Una sera, per caso ...

Questa splendida copertina è stata creata da Valentina (@Valle89_).
Sono molto felice di mostrarvela e ringrazio di cuore questa carinissima amica per il suo pensiero davvero gentile.



Valentina, grazie infinite :********

domenica 9 settembre 2012

Recensione: "Black Friars - L'Ordine della Chiave" di Virginia de Winter


Ho atteso diversi giorni prima di decidermi a lasciare una recensione a questo libro. Alla fine della lettura ero troppo così per farlo.
Virginia de Winter non si smentisce anche in questo secondo/primo libro della saga di Black Friars (l’autrice, dopo l’uscita del terzo libro – L’Ordine della Penna –, ha confermato che ce ne sarà anche un quarto).
L’Ordine della Chiave è la storia di Eloise ed Axel. Avendo già letto il primo/secondo della serie (L’Ordine della Spada, il primo volume in uscita per ordine di pubblicazione, ma il secondo in linea temporale con la storia), sapevo come sarebbe finito questo qui, ma non sapevo “perché”.
Cercherò di non spoilerare troppo. Axel ed Eloise sono giovani, innamorati, passionali. Forze troppo potenti si frapporranno nel loro idillio. La trama pare quasi banale. Per me che già sapevo cosa sarebbe accaduto nel “futuro” è stato un continuo “Ah, ecco perché succedeva questo”. La cosa che mi ha lasciato sinceramente colpita e ammirata è stata l’abilità dell’autrice di incastrare gli eventi con una perizia degna di un esperto chirurgo. Se L’Ordine della Spada vi ha lasciato con parecchi dubbi da fugare, non potete non leggere L’Ordine della Chiave: è necessario, oltre ad essere un vero e proprio piacere.
In questo libro, la de Winter “aggiusta il tiro”. I periodi appaiono meno pesanti, lo stile più leggero e scorrevole, senza che ne sacrifichi la ricercatezza. Lungi dall’intento di rendere auliche e pompose le descrizioni, si capisce subito che questa scrittrice ama la parola scritta. Ama giocarci, farla volteggiare sulla punta delle dita per un po’ prima di concretizzarla nella scelta di un termine piuttosto che un altro.
Se chi legge lo fa pensando “vabbè, ma quando si arriva al sodo?”, chiudete il libro, questa storia non fa per voi. Se, di contro, leggete lasciandovi prendere per mano dall’autrice e accompagnare tra i corridoi del Collegio di Aldenor, o in uno dei vicoli bui e maleodoranti del Canale dei Fraticelli, abbandonandovi con fiducia, permettendole di stuzzicare la vostra curiosità ed il vostro acume al suono della sua voce, non potrete restare indifferenti a questo meraviglioso percorso. Ripeto: sapevo dove la storia de L’Ordine della Chiave sarebbe andata a parare, eppure questo non mi ha impedito nemmeno per un istante di apprezzarne la trama, sì, ma soprattutto il capolavoro strutturale e l’opera di presentazione e caratterizzazione dei personaggi. Stephen Eldrige resta una delle perle di questo libro a mio parere, oltre ad Axel, sviscerato nel suo percorso di “defanciullizzazione”. Persino Belladore, l’antagonista, è descritta e trattata con pennellate delicate e sfuggenti, ma dai colori forti e dai forti contrasti, che la rendono una figura indimenticabile.
Mi sono imposta di non celebrare estaticamente questa ulteriore prova di talento di Virginia de Winter, sforzandomi di restare nel campo dell’obiettività. Potrei aver felicemente fallito. Ormai, mi capita sempre meno spesso di trovare dei libri magici, di quelli che ti fanno compagnia anche da uno scaffale della libreria, mentre passi, lo scorgi e rammenti con nostalgia del tempo trascorso insieme.  
Il mio consiglio è di acquistare il cartaceo. L’esperienza di traslazione dalla realtà diviene palpabile mentre si sfogliano le pagine e l’odore della carta stuzzica l’olfatto, mentre si legge di candele che bruciano lentamente e diffondono caldi bagliori in una stanza.
Naturalmente, non sto nella pelle al pensiero di finire la rilettura de L'Ordine della Spada, per poi dedicarmi a L'Ordine della Penna.
Libro per tutti, estasi per gli intenditori.
Consigliatissimo.

martedì 1 maggio 2012

Recensione: "Black Friars - L'Ordine della Spada" di Virginia de Winter


“Black Friars – L’ordine della Spada” e il suo prequel “L’ordine della Chiave” sono nella mia libreria da molti mesi, in alto, dove nessuno li può raggiungere, ma dove posso vederli bene e mi hanno fatto compagnia per moltissimo tempo semplicemente stando lì, a guardarmi dal loro posto d’onore. Com’è possibile? Come molti lettori di EFP ero a conoscenza della fama di Savannah, ma il fandom di appartenenza non mi era familiare, dunque non avevo mai letto nulla di suo. Eppure ne sentivo, di lodi notevoli nei suoi riguardi da parte di autrici da me molto molto apprezzate. Quando ho letto per curiosità qualcosa da lei scritto sono bastate pochissime righe per farmi capire con chi avevo a che fare: un talento come pochi. Ricordo poco dello stralcio letto quella volta, ma ricordo la sensazione di una descrizione in particolare: quell’attimo di trepidazione nel momento del soffio delle candeline di una torta di compleanno. Una scena comunissima, nulla di speciale. Ma le parole … il modo in cui l’autrice ha giocato con esse, creando una descrizione assolutamente evocativa, mi hanno rapita all’istante.
Folgorata.
Ho letto, quindi, Original Sin. L’ho divorato. Hermione e Draco, per me che non ho letto la Rowling (andrò all’Inferno per questo?) saranno sempre quelli descritti da Savannah (no no, andrò al rogo probabilmente) e da un’altra autrice maestra in questo pairing.
Ma sto divagando.
Sapevo, per farla breve, che leggere Virginia de Winter sarebbe stato molto di più che sfogliare una decina di paginette al giorno, quando e se hai tempo. Sapevo che sarei stata risucchiata, che avrei dovuto dare del mio in quest’avventura. Non come quando subisci un film o un libricino carino, ma senza troppe pretese. Ero certa che la lettura mi avrebbe trascinata in un mondo sconosciuto, che avrei partecipato della vita dei personaggi, delle loro emozioni e che ne sarei stata avvinta nel modo più assoluto.
E’ stato assolutamente così.
Cinque giorni in cui questo libro (Black Friars – L’ordine della Spada) mi ha accompagnata ovunque. Cinque giorni in cui le ore della notte sono state pochissime, in una di queste non più di due.
Ma andiamo per gradi.
La trama della storia è assolutamente originale. Virginia de Winter ha creato un mondo fantastico, in cui creature della notte coesistono con esseri umani, sullo scenario affascinante e senza tempo di atmosfere gotiche, fatte di gargoyle che urlano mute nella pietra e lastricati lucidi per l’umidità della notte. La maggior parte della trama si svolge proprio di notte e considero una dote di pochissimi autori essere capaci di mantenere le cupe atmosfere, il senso di claustrofobia di un cimitero che pullula di creature soprannaturali, o l’ansia di trovare un bagliore di luce alla fine di una galleria sotterranea, per la durata di quasi l’intero libro. Ogni descrizione, particolareggiata nei dettagli, ricca, evocativa ha reso alla perfezione l’idea dello spazio e del tempo, pur lasciando sospesa l’idea di uno spazio e di un tempo reali.
Sarei stata infinitamente delusa, nonché annoiata, da una particolareggiata “lista della spesa”. I riferimenti storici sono accurati, ma appartengono ad un’altra storia: chi cerca di collocare Black Friars in un’epoca storica reale si perderà metà della bellezza del libro a cercare di star dietro a Nationes, Linee di Sangue, Ordini vari, sforzandosi di ricordarli tutti e cozzando contro le proprie personali conoscenze di un periodo più o meno vago del passato. Errore. L’ambientazione descritta da Virginia de Winter ha tutto, credetemi. Basta leggere con fiducia, aprirsi e donarsi.
Chi pensa di poter leggere Black Friars con superficialità, sbaglia lettura. I colpi di scena, i batticuori, anche le risate (questa scrittrice ha un’ironia sottile e una vena tragico-comica deliziosa), nonché le lacrime, non mancano per tutto l’intero libro. Ad una lettura disattenta e veloce, probabilmente alla ricerca di particolari grezzi e di comprensione immediata (lui ama lei-lei ama l’altro-l’altro ama se stesso)si può restare sicuramente spiazzati. Non troverete mai nulla del genere in questa scrittrice. La de Winter stuzzica la curiosità, attiva l’ingegno anche dei più pigri purché acuti e volenterosi, lascia tanti indizi che troveranno sicuramente compimento in un disegno più grande del semplice paragrafo o capitolo. La trama si sostiene perfettamente in tutte le seicento e passa pagine e tutto ha una spiegazione. Che amarezza se avesse sminuito l’acume dei suoi lettori ritenendo necessarie spiegazioni sommarie che avrebbero solo rischiato di rovinare l’essenza stessa della struttura narrativa!
Struttura narrativa che, naturalmente, è solidissima. Ogni singolo personaggio ha una sua autonomia e sue caratteristiche caratteriali peculiari. Ogni aspetto di una personalità nelle mani di questa scrittrice assume uno spessore nuovo. Nulla è lasciato al caso, nemmeno il profumo delle rose.
E così, con l’avanzare della lettura si chiariscono le relazioni, le situazioni, le richieste come un incastro perfetto di un puzzle. Solo una grande scrittrice può creare nel lettore uno stato di ansia e trepidazione, tanto da spingerlo a domandarsi “e adesso?”, così come a rispondersi “ne voglio ancora”.
E nasce per questo “Black Friars – L’ordine della Chiave”, che mantengo gelosamente ancora nel suo posto d’eccellenza, conscia che l’astinenza sarà durissima da sopportare, fino a quando il sequel della storia vedrà la luce.
Sullo stile di Virginia non posso che spendere poche, banalissime parole. Sempre ad una lettura superficiale potrebbe apparire troppo “aulico”, quando non lo è per niente: le metafore sono calzanti ed appropriate, mai ripetitive, ma ogni volta nuove ed originali. Questa donna, quando scrive, è come se filasse un arazzo: in quattro righi puoi vedere un intero, meraviglioso dipinto.
L’avvicendarsi delle situazioni ha il chiaro scopo di solleticare la mente del lettore e di spingerlo a proseguire nella scoperta degli eventi, tutti concatenati tra loro con mirabile maestria.
Sono contentissima che una scrittrice italiana così dotata abbia avuto lo spazio che merita tra le pagine di un libro assolutamente coinvolgente, avvincente e affascinante al punto tale che interrompere la lettura per attendere ai propri doveri diventava un dolore quasi fisico.
E sono contenta di aver riservato ai suoi libri uno spazio d’onore nella mia libreria e nel mio cuore.
Consigliatissimo a tutti. Ai più giovani che si aspettano da un fantasy l’intrigo e il mistero, così come ai meno giovani che possono sperimentare la qualità di un buon libro anche in un genere poco battuto.
  

sabato 25 febbraio 2012

Recensione: "Il tizio della tomba accanto" di Katarina Mazetti

"Desirée è una bibliotecaria di trentacinque anni rimasta vedova di un biologo bello e intelligente, che non ha mai però conosciuto davvero. Quando lui è morto, investito da un camion, lei si è sentita tradita e offesa, e durante le ore che passa sulla panchina del cimitero davanti alla sua lapide, essenziale e sobria, più che dolore prova un inspiegabile risentimento. Benny è un allevatore di vacche da latte, rimasto solo a gestire la sua fattoria da quando la madre è morta. La sua vita è scandita dagli imprescindibili orari delle mungiture e dalle lunghe visite al cimitero, durante le quali si dedica con passione alla cura della tomba dei genitori, pacchiana e kitsch quanto basta per far inorridire Desirée. I due si ritrovano a volte seduti sulla stessa panchina e l'antipatia è tanto reciproca quanto intensa. Fino a quando, un giorno, un casuale scambio di sorrisi fa scattare la scintilla e miracolosamente tutto cambia."

La prima cosa che mi ha incuriosita di questo libro è stata la copertina.
A pelle, mi piaceva il contrasto di colori. Poi, ho letto l’introduzione (che vi ho riportato sopra) e ho trovato l’idea della trama molto originale. Quindi, così, mentre sbrigavo le faccende di casa, ho iniziato a leggere.
Quel giorno abbiamo mangiato pasta e formaggino. Perché li avevo in casa.
Odio le cose del tipo “un libro in un solo giorno”, ma è stato proprio ciò che è accaduto.
Desirée è una donna sola, che aveva trovato nel marito una scelta pragmatica e appropriata alla vita perbene che i suoi genitori le avevano inculcato come a lei confacente. Colori sbiaditi e aspetto anonimo, i suoi tratti distintivi, come se volesse urlare al mondo che si prende troppo sul serio per curarsi di inezie come il suo aspetto esteriore. Benny è un allevatore, formato alla dura vita nei campi e con tante rinunce alle spalle per proseguire l’attività di famiglia (attività continuamente sull’orlo del fallimento). E’ una persona pratica, una di quelle che guarda un libro solo per capire se è dello spessore giusto per ritrovare l’equilibrio di un tavolo traballante. E’ in una fase della sua vita in cui pensa sia appropriato sposare altre due braccia utili per il lavoro.
Nessuno è preparato al sentimento che, fulmineo ed inaspettato, scoccherà tra loro e a cui non riusciranno a sottrarsi.
Katarina Mazetti ha un’ironia spietata e non la risparmia a nessuno. I due protagonisti sono, nello stesso tempo, geniali e ridicoli. Non ci sono eroi, in questo libro, ma solo individui veri, con più debolezze e paranoie che nobili sentimenti e stralci di poesia. Nessun profumo aulico ed inebriante, ma solo puzza di stalla ed inettitudine alle fatiche domestiche.
Ho adorato "Il tizio della tomba accanto". In alcuni passaggi, mi sono ritrovata a scoppiare a ridere, per poi guardarmi intorno, timorosa di essere scoperta in flagranza di reato. La scrittura della Mazetti è fresca, briosa e sagace. Il pov alternato fa calare il lettore nella mente prima dell’uno e poi dell’altro personaggio, senza risentire di un grosso stacco narrativo, ma distinguendo, ugualmente bene, i due caratteri.
E’ una storia realistica.
Sapevo fin dall’inizio di non potermi aspettare un finale a cuoricini, non sarebbe stato all’altezza di questa scrittrice. Eppure, il finale lo trovo esattamente “giusto” per questi due *eroi di tutti i giorni*. Una storia che si basa sulle sfumature della vita, sulle divergenze che si tenta in ogni modo di far diventare convergenze, sulla tenacia con cui ci si aggrappa alle proprie convinzioni col rischio, spesso, di perdersi esperienze incredibilmente emozionanti strada facendo.
Lo consiglio davvero a tutti, precisando che in un viaggio, talvolta, non è importante dove si arriva, ma il percorso che si compie per farlo. E, soprattutto, in compagnia di chi.
La Mazetti ha scritto anche il seguito, intitolato "Tomba di famiglia", che sto attualmente leggendo.
Buonissima lettura a tutti XD