sabato 9 luglio 2011

Spoiler cap.30

Essendo stata, quella di oggi, una giornataccia per motivi che molti di voi, che seguono sia me che Mirya, purtroppo conoscono, cerco di rallegrare un po' gli animi generali e vi lascio uno spoilerino del prossimo capitolo (stato dell'arte: più o meno 2/3 già scritti).
Sarà un capitolo carino, con un po' di batticuore e chissà ... ancora non l'ho finito.


Dal Pov Edward.

"«A che ora cena di solito Andy?» domando, sollevando lo sguardo sui miei compagni di viaggio.
Isabella sembra riscuotersi come da una sorta di torpore. Batte rapidamente le palpebre volgendo lo sguardo verso di me. «Alle sette, in genere».
Annuisco segnando l’appunto sull’agenda. Appena arriverò in studio, esporrò il problema a Corinne. Avendo due figli, saprà certamente di ristoranti gradevoli e attrezzati per famiglie che possano rispondere alle nostre esigenze.
«Perché mi fai questa domanda?» mi chiede esitante.
«Dovrete mangiare. Volevo sapere per che ora prenotare un tavolo.» Chiarisco sorridendo al suo sguardo spaesato.
Isabella si muove a disagio sul sedile, sistema meglio Andy sulle sue ginocchia. «Possiamo cenare in camera … non è necessario che ti prenda tutto questo disturbo» mormora fioca.
«Bella, non è un disturbo per me cenare con voi» ribatto lievemente irritato. «Se siete stanchi del viaggio …» lancio un’occhiata eloquente ad Andy nel pieno delle forze dopo il riposino in aereo «… allora è un altro discorso. Facciamo così: ti chiamo un po’ prima e mi fai sapere. Ma dubito che Andy si calmi in fretta. Sembra ancora su di giri per le novità».
Isabella guarda sconsolata suo figlio e annuisce rassegnata.
Sarà una dura lotta farle capire che nessuno dei due rappresenta un problema per il sottoscritto. In questo viaggio come per tutto il resto."


Come sempre, grazie della vostra pazienza, un abbraccio forte a chi oggi è un po' triste e buon mare/montagna a chi si appresta alle vacanze!
Baci :****

lunedì 4 luglio 2011

Recensione: "Proibito" di Tabitha Suzuma

Avendo scoperto le meraviglie dell’I-Phone che mi consente di leggere ovunque e in qualunque momento, ed essendo impossibilitata a scrivere come si deve dato che i miei sgorbi stanno prosciugandomi tutta l’energia e la concentrazione, sono diventata uno di quei mostri che camminano con il cellulare alla mano e ha deciso di perdere la vista strizzando gli occhi per mettere a fuoco le parole sul maledetto display.
Con il ritmo di parecchi libri a settimana, mi è capitato “Proibito” di Tabitha Suzuma tra le mani (ops, sul display di cui sopra).
Proibito necessita di una recensione.
Leggendo le grandi lodi tessute da persone che stimo, l’ho guardato con sospetto per un po’, poi ho deciso di iniziarlo e in un giorno l’ho bruciato.
Bruciato è la parola adatta.
Non posso individuare il momento preciso in cui ho capito che questo libro era un grande libro. Leggo con curiosità, forse un po’ di scetticismo e nostalgia le storie incentrate su personaggi adolescenti. Spesso chi le scrive si perde nel ragionamento un po’ contorto e romantico dell’età e, suo malgrado, connota i caratteri del proprio giudizio personale e a me questo non piace. L’autrice di questo libro, non lo fa, pur descrivendo una realtà amara attraverso gli occhi proprio di due ragazzi. Quello che mi ha colpito subito è stato che i due adolescenti erano tutto, tranne che ragazzi della loro età. Erano genitori dei propri fratelli, adulti loro malgrado, che si occupano di mandare avanti una casa, di pagare le bollette, di fare la spesa, di sorvegliare e disciplinare le teste più calde della famiglia. Maya e Lochan diventano la madre e il padre della loro madre, sono, già dalle prime pagine del libro, degli adolescenti mancati che hanno fatto un salto temporale tra l’infanzia e l’età adulta.
Eppure, non perdono mai la loro innocenza, il loro candore di bambini. Vivono ogni giorno il peso delle responsabilità, senza riuscire a gestire la frustrazione e lo stress che non sarebbe mai dovuto toccare loro, sentendosi  sempre dei disadattati nel mondo reale che dovrebbe vederli come dei diciassettenni e basta. Ma nelle mura della loro casa, non lo sono da tempo e questa è una frattura che non possono più ricomporre, nonostante gli sforzi, semplicemente perché non è loro compito.
La percezione della realtà che hanno è l’unica che conoscono, i soli conforti che trovano sono quelli che hanno l’uno per l’altra. Ed è proprio nell’affrontare la quotidianità che ad un tratto si trovano ad essere insieme la sola ancora di salvezza a cui potersi aggrappare per non affogare.
Lottano, scalciano, cadono, cercano di rialzarsi. E amano. Amano tanto, in modo puro, in modo disperato.
Finire questo libro è stata una liberazione e un dolore. E un dispiacere. Come se fossi entrata di soppiatto nella loro vita dura e difficile e fossi restata impotente, come madre, senza poterli aiutare, confortare e sostenere.
Un libro per tutti, ma soprattutto per chi è un genitore.
Fate un bel respiro ed iniziatelo.